_Caporalato: cosa rischiano le imprese con la nuova legge

Ritenuta da molti una legge destinata al solo settore agricolo, la nuova disciplina del reato di caporalato parrebbe in realtà interessare una platea ben più ampia di soggetti.

Non fosse altro perché, insieme alla modifica dell’art. 603bis c.p., dove è disciplinato il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (meglio noto come “caporalato”), il legislatore ha contemporaneamente modificato anche l’art. 25quinquies del D.lgs. 231/2001, estendendo la responsabilità degli enti anche alla nuova ipotesi di reato.

Ma procediamo con ordine.

Rispetto ad un passato recente, la L. 199/2016 semplifica la c.d. “fattispecie base” del reato di caporalato, per cui sarà d’ora in poi punito con la reclusione da uno a sei anni, oltre alla multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore, chiunque recluti manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento. E ciò a prescindere da come sia organizzata l’attività di reclutamento e intermediazione.

Per la prima volta, inoltre, il legislatore penale ha deciso di applicare la stessa sanzione della reclusione e della multa, prevista per chi recluta, anche al datore di lavoro, nel caso in cui questi utilizzi, assuma o impieghi lavoratori in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno.

Sia per il datore di lavoro che per l’intermediario si può, inoltre, configurare un reato aggravato, con innalzamento sia della pena detentiva (da cinque a otto anni) che pecuniaria (da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato), se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia.

Quanto agli indici di sfruttamento, il comma 3 del novellato art. 603bis c.p., reputa sufficiente una o più delle seguenti condizioni: i) la reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi da quelle indicate dai contratti collettivi, oppure ii) la reiterata violazione della normativa in materia di orario di lavoro, periodi di riposo, riposo settimanale, aspettativa obbligatoria e ferie, oppure ancora iii) la violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; o, infine, iv) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza o situazioni alloggiative degradanti.

Per effetto della novella legislativa, costituiscono aggravante specifica del reato, con conseguente aumento della pena da un terzo alla metà: i) il reclutamento di più di tre lavoratori; ii) l’aver reclutato soggetti in età non lavorativa e iii) aver esposto i lavoratori a situazioni di grave pericolo.

Infine, con l’introduzione del nuovo art. 603bis2 c.p. (cfr. art. 2, L. 199/2016) diventa obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato.

Altrettanto dirompente per tutte le società sarà anche la novità introdotta all’art. 25quinquies del D.lgs. 231/2001, in virtù del quale il caporalato diviene oggi fattispecie di reato per cui potrà applicarsi all’ente la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.

Come noto, la disciplina del D.lgs. 231/2001 interessa, tra gli altri, le società e le associazioni (anche prive di personalità giuridica) che possono essere chiamate a rispondere del delitto commesso da una persona fisica, a loro legata da un rapporto di carattere organico, ogni qualvolta il reato sia commesso al fine di garantire un interesse illecito o un vantaggio a favore dell’ente.

In particolare, l’ente è ritenuto responsabile se non dimostra l’adozione di modelli organizzati efficaci a prevenire la commissione del reato, mentre le ipotesi delittuose – per cui può configurarsi anche la responsabilità dell’ente – sono soltanto quelle espressamente elencate dal D.lgs. 231/2001 (artt. 24-26).

La sanzioni previste dal D.lgs. 231/2001 sono, principalmente, di due tipologie: pecuniarie (c.d. quote, il cui importo va da un minimo di 258 euro a un massimo di 1.549 euro) e interdittive.

In conclusione, dopo la recente novella legislativa, le Società dovranno ora prestare una maggior attenzione tanto all’organizzazione della propria forza lavoro che ai procedimenti di selezione e reclutamento del personale, prestandosi la nuova fattispecie normativa a facili interpretazioni estensive. Attenzione maggiore dovrà, poi, essere prestata in tutte quelle realtà imprenditoriali caratterizzate da un ricorso massiccio al lavoro somministrato, ove quindi il reclutamento di personale, poi adibito all’attività produttiva, avviene per tramite di un soggetto terzo intermediario.

Inoltre, le società dovranno ora provvedere anche all’aggiornamento del proprio modello organizzativo ex D.lgs. 231/2001, per adeguarlo al contenuto della riforma legislativa.