_Contratti a termine: nuove regole aspettando il DecretoRilancio.

a cura di Paola Gobbi e Marilena Cartabia -Uniolex-Stucchi&Partners

Il susseguirsi di provvedimenti che, quasi ogni giorno, da marzo hanno via via “bloccato” un numero sempre crescente di attività produttive, ha costretto le imprese a chiedere l’intervento della Cassa Integrazione Guadagni, Ordinaria o in Deroga, oppure del Fondo Integrazione Salariale con causale “Covid-19”, obbligandole altresì a rinunciare alla proroga o al rinnovo dei contratti a termine.

La regola generale prevista, infatti, dall’Art. 20 del D.lgs. 81/2015 (altrimenti noto con “Testo unico contratti”) vieta di assumere personale a termine con mansioni analoghe quelle del personale adibito presso le unità operative con sospensione del lavoro o riduzione dell’orario in regime di Cassa Integrazione Guadagni. Divieto “punito” con la trasformazione del contratto a termine in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Un divieto analogo è previsto anche per la somministrazione a termine dall’Art. 32 del D.lgs. 81/2015, tanto è vero che se la regola è violata, il lavoratore somministrato può chiedere la costituzione di un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso l’utilizzatore sin dal giorno di inizio della missione (così: Art. 38, comma 2, D.lgs. 81/2015).

Di fronte a queste prescrizioni e di un intervento normativo emergenziale che taceva in merito a tale questione, a pandemia in corso, molte imprese costrette a chiedere uno degli ammortizzatori sociali previsti dal Decreto Curata Italia, pur avendo la necessità di prorogare i contratti a tempo determinato in scadenza o rinnovare quelli già scaduti (magari per non disperdere le professionalità formate in azienda o concludere commesse straordinarie acquisite prima dell’emergenza sanitaria), hanno scelto di non procedervi per non incorrere in alcuna sanzione.

Per cercare di superare l’ostacolo normativo, il 24 aprile 2020, è stata introdotta una nuova regola nel Decreto Cura Italia (Decreto Legge n. 18/2020 ora Legge n. 27/2020): l’Art. 19bis prevede che i datori che accedono agli ammortizzatori con causale “Covid -19” possono derogare i divieti degli Artt. 20, 21 e 32 del D.lgs. 81/2015 e “procedere, nel medesimo periodo, al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione”.

La nuova previsione, però, lascia alcuni nodi irrisolti, per cui in attesa di precisazioni da parte del legislatore o indicazioni degli organi ispettivi, si possono ipotizzare delle soluzioni prudenziali.

Primo. La regola dell’Art. 19bis è retroattiva? Detto altrimenti, se un’impresa avesse già rinnovato o prorogato dei contratti a temine prima del 24 aprile 2020, pur avendo fatto ricorso anche agli ammortizzatori sociali per emergenza Covid-19, la sua condotta potrebbe essere sanzionabile?

Dato che l’Art. 19bis è rubricato “Norma di interpretazione autentica in materia di accesso agli ammortizzatori sociali e rinnovo dei contratti a termine”, lo si potrebbe ritenere norma di interpretazione autentica con efficacia retroattiva al momento in cui la legge oggetto di interpretazione è entrata in vigore. È però altrettanto vero che il nuovo articolo non presenta nessuno dei requisiti indicati dalla Corte Costituzionale per qualificare una norma come di interpretazione autentica: gli Artt. 19, 21 e 32 del D.lgs. 81/2015 hanno una formulazione chiara, per cui non si possono considerare fonti di incertezza normativa o di interpretazioni giurisprudenziali ambigue o contrastanti. Semmai, è l’emergenza sanitaria che ha provocato anche un’emergenza occupazionale, per cui si potrebbe ipotizzare che volendo sanare anche le situazioni pregresse il legislatore abbia dato all’Art. 19bis un “nome tecnico” che le consenta di avere un’efficacia “ex nunc”, in deroga alla regola generale per cui la legge non può che disporre per il futuro (ex Art. 11 delle c.d. preleggi).

Secondo. L’Art.19bis del Decreto Cura Italia pone una deroga ai divieti che interessano, stando al tenore letterale delle norme richiamate, l’assunzione (o la missione) di nuovo personale a termine. Tuttavia, la rubrica della norma e l’intera previsione nel suo complesso, portano a ritenere consentita la sola proroga e/o il solo rinnovo dei contratti a termine del personale già in forza presso l’unità produttiva. Si tratta, peraltro, di interpretazione che potrebbe ritenersi coerente anche con la finalità complessiva delle misure adottate dal legislatore nell’attuale contesto dell’emergenza sanitaria, vale a dire la massima salvaguardia dei posti di lavoro esistenti, per cui con l’Art. 19bis si è scelto di tutelare i lavoratori già in forza o il cui contratto è scaduto durante l’emergenza epidemiologica da Covid-19, evitando che l’omessa proroga o il mancato rinnovo incrementino il numero dei disoccupati o degli inoccupati.

Terzo. La deroga non ha interessato le c.d. causali reintrodotte dal legislatore con il noto Decreto Dignità (D.L. 87/2018). In sintesi, da luglio 2018, le aziende che intendono prorogare il termine apposto a contratti di durata superiore a dodici mesi, fino ad un massimo di ventiquattro mesi, così come quelle che intendono rinnovarlo, sempre sino al massimo di ventiquattro mesi, possono farlo solo se ricorre uno dei motivi (“causale”) previsto dalla legge. Regole analoghe valgono anche in ipotesi di somministrazione a termine.

Nell’attuale contesto di emergenza, l’omessa deroga al necessario rispetto della causale comporta, però, che il rinnovo o la proroga dei contratti a tempo determinato potranno avvenire solo per esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero per esigenze di sostituzione di altri lavoratori o, da ultimo, per esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Così formulata, la regola dell’Art. 19bis pare avere un effetto “utile” di poco peso per le imprese, visto che l’attuale formulazione lessicale delle causali le rende di difficile concretizzazione e, in caso di futuro contenzioso, espone l’azienda all’onere di dimostrare la sussistenza di tale motivo straordinario di ricorso al contratto a termine, pena la sua conversione in ordinario rapporto a tempo indeterminato. Per questo, anche per evitare di assumersi l’alea di un incerto e lungo processo, è ben più probabile che le imprese che hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali previsti dal Decreto Cura Italia decidano di non rinnovare e di non prorogare i contratti in essere.

Piuttosto, sarà opportuno verificare se nel nuovo pacchetto di interventi a sostegno di imprese e lavoratori (già denominato “Decreto Rilancio”), il legislatore confermerà anche la deroga all’Art. 21 del D.lgs. 81/2015: questa misura “correttiva” consentirebbe, infatti, di rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti a termine già in essere senza che ricorra alcuna delle causali di legge sopra ricordate. In questo modo, peraltro, le aziende potrebbero disporre di personale già formato e professionalizzato anche per gestire le attività connesse al riavvio delle attività post emergenza epidemiologica.

Ultimo. L’Art. 19bis consente di derogare alla regola del c.d. “stop and go” che, in caso di rinnovo, obbliga le imprese a lasciare trascorre un periodo di 10 o 20 giorni (a seconda della durata, inferiore o superiore ai 6 mesi, del rapporto precedente) tra un contratto e il successivo (cfr. Art. 21, comma 2, D.lgs. 81/2015). La violazione della regola generale del c.d. stop&go comporta la trasformazione del secondo contratto in ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, per cui la deroga ammessa in questo periodo emergenziale potrebbe rappresentare un utile strumento operativo per i datori che, verificato in via prudenziale il ricorrere di una delle casuali di legge, decidessero di rinnovare i contratti in scadenza.

Non resta che aspettare il vaglio del prossimo Decreto per capire quali altri novità e strumenti saranno dati alle imprese per affrontare quest’emergenza senza precedenti.