_Infortuni sul lavoro: prevenire è meglio che risarcire.

Infortuni sul lavoro: prevenire è meglio che risarcire.

di Paola Gobbi e Marilena Cartabia

 

Con un recente sentenza, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi di un tema di importanza e rilevanza trasversale: la normativa in materia di infortuni sul lavoro e, più nel dettaglio, degli obblighi di sicurezza che gravano in capo a ogni datore di lavoro.

Il caso deciso lo scorso 8 ottobre 2018 ha interessato una lavoratrice, neo-assunta, infortunatasi il primo giorno di lavoro a causa dell’omesso blocco del macchinario su cui stava lavorando, a seguito del quale subiva gravi lesioni all’avambraccio.

Avviata la causa per ottenere il risarcimento dei danni (non patrimoniali), la lavoratrice vedeva per ben due volte respinte le sue domande: secondo i giudici del merito non aveva dimostrato in che modo il datore di lavoro non avesse adempiuto ai propri obblighi di sicurezza.

Le decisione, però, è stata “ribaltata” dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 24741/2018) che ha rilevato come i giudici dei precedenti gradi non si fossero attenuti ai principi che regolano la disciplina della responsabilità anti-infortunistica.

Per la Cassazione, il primo obbligo che grava sul datore di lavoro è quello di adottare ogni misura protettiva e ogni accorgimento utile a tutelare l’integrità del lavoratore e prevenire gli infortuni, compatibilmente con le peculiarità dell’attività svolta e tenuto conto dello stato della tecnica.

In secondo luogo, il datore deve verificare e vigilare che i lavoratori utilizzino i dispositivi di sicurezza loro forniti, conoscano le misure di sicurezza predisposte e, infine, conoscano le esatte modalità di svolgimento delle lavorazioni assegnate.

Infine, sul datore grava anche un obbligo di informazione e addestramento dei lavoratori circa i rischi specifici riconducibili all’attività lavorativa assegnata, dovere che diventa più pregnante quando il lavoratore è professionalmente inesperto (come, ad esempio, nel caso degli apprendisti o dei lavoratori di giovane età).

Quanto, invece, al riparto degli oneri probatori, secondo la Cassazione, al lavoratore-infortunato spetta dimostrare, da un lato, che l’infortunio è occorso durante lo svolgimento dell’attività lavorativa e, dall’altro, che il danno subito sia riconducibile alla violazione degli obblighi di sicurezza a carico del datore.

Al contrario, invece, il datore potrà andare esente dall’accertamento di una sua responsabilità, non solo dimostrando l’esatto adempimento di tutti gli obblighi afferenti alla tutela della sicurezza dei lavoratori, ma, altresì, provando che la condotta del lavoratore aveva i caratteri dell’abnormità (o c.d. rischio elettivo).

In poche parole, per non rispondere dei danni patiti dal lavoratore non basta una sua negligenza o una sua disattenzione e imperizia nello svolgimento della lavorazione assegnata (perché, in queste ipotesi, il datore è, comunque, gravato da un obbligo di vigilanza), ma occorre che il comportamento dell’infortunato sia a tal punto imprevedibile da esorbitare dalle direttive assegnate.

La sentenza, allora, offre un interessante spunto a tutti i datori, ribadendo l’importanza dell’adempimento agli obblighi che possono concorrere a prevenire il verificarsi di infortuni sul lavoro, per consentirgli, in un successivo contenzioso, di avere elementi “spendibili” quale prova liberatoria.

In conclusione… con la salute non si scherza, soprattutto quando si parla di sicurezza sul luogo di lavoro.