_Licenziamento collettivo: fari puntati sulle professionalità equivalenti

Licenziamento collettivo: fari puntati sulle professionalità equivalenti
Di Marco Tesoro e Sharon Reilly

 

Con la sentenza n. 23347/2018 pubblicata il 27 settembre 2018, la Corte di Cassazione si è soffermata nuovamente sulla distinzione tra il concetto di “mansioni identiche” e quello di “professionalità equivalenti”, fondamentale ai fini della corretta applicazione dei criteri di scelta ex art. 5, L. 223/1991.

 

La vicenda trae origine dal licenziamento di una dipendente, intimato nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, giustificato dall’assegnazione della medesima ad una unità produttiva destinata ad essere soppressa.

La ricorrente impugnava il provvedimento datoriale lamentando la violazione dei criteri di scelta ex art. 5 cit., sostenendo che la società avesse omesso di procedere ad un raffronto tra la sua posizione e quella di altri colleghi con professionalità fungibili.

In particolare, la ricorrente evidenziava come un’altra sua collega fosse stata esclusa da tale raffronto, nonostante all’apertura della procedura ricoprisse la medesima mansione, salvo poi essere trasferita ad altra funzione in corso di procedura.

La società si costituiva in giudizio e rigettava le pretese avversarie richiamando la Giurisprudenza di merito e di legittimità secondo cui, qualora il licenziamento collettivo si riferisca esclusivamente ad una determinata unità produttiva, sia legittimo operare il raffronto tra i soli lavoratori adibiti a tale dipartimento, e negava l’asserita fungibilità della citata collega, avendo questa ricoperto la medesima funzione della ricorrente in un contesto peculiare.

 

Il licenziamento veniva dichiarato illegittimo sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello, e la decisione veniva confermata dalla Corte di Cassazione, che dichiarava la violazione dei criteri di scelta da parte della società, non avendo questa effettuato il raffronto tra professionalità equivalenti presenti in azienda.

La Corte, richiamando una Sua recente pronuncia (Cass. n. 6147/2018), ribadiva il principio per cui, quando il progetto di ristrutturazione aziendale si riferisca esclusivamente ad una o più unità produttive o reparti, la società possa legittimamente limitare la scelta dei dipendenti da licenziare ai soli addetti a tale reparto, ma soltanto nel caso in cui costoro non siano idonei ad occupare le posizioni lavorative dei propri colleghi adibiti a diverse unità.

Di conseguenza, la Corte statuiva che non può ritenersi legittima la scelta dei lavoratori solo perché impiegati nel reparto lavorativo soppresso o ridotto, trascurando il possesso di professionalità equivalenti a quelle di addetti ad altre realtà organizzative.

 

Pertanto, risulta fondamentale la distinzione tra mansioni identiche e professionalità equivalenti, rappresentata secondo la Corte dal “complesso di attitudini, prerogative e potenzialità in grado di differenziare ovvero di omologare qualitativamente le professionalità rispetto alle mere differenze delle mansioni in concreto svolte”, dovendosi fare riferimento a tale più ampio profilo per una corretta applicazione dei criteri di scelta.

 

La pronuncia in commento conferma l’esigenza di procedere ad un’analisi approfondita dell’intero organico aziendale prima di procedere alla selezione dei dipendenti da licenziare nell’ambito di una procedura collettiva, anche nel caso in cui la riorganizzazione riguardi un singolo reparto aziendale.

In particolare, l’analisi di cui sopra deve tener conto delle professionalità presenti in azienda e non soffermarsi sulla distinzione delle mansioni formalmente assegnate ai dipendenti.