_Telecamere: lecite le riprese video

Telecamere: lecite le riprese video

di Silvia Fumagalli

 

Con una recente sentenza la Corte di Appello di Milano (sentenza n. 1699 del 27.9.2017) ha ribadito che non è soggetta alla disciplina di cui all’art. 4 Stat. Lav. l’installazione di impianti ed apparecchiature di controllo poste a tutela del patrimonio aziendale, dai quali non derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa dei dipendenti.

 

Il caso.

Un lavoratore, socio e dipendente di una società cooperativa, ha impugnato il licenziamento per giusta causa intimatogli, fondato sulla ripetuta manomissione da parte sua di un distributore di alimenti e bevande posto in una saletta attigua ai reparti del magazzino ove viene svolta l’attività lavorativa, contestando, tra l’altro, la legittimità delle video riprese tramite le quali il datore di lavoro era venuto a conoscenza delle sue condotte.

Il dipendente sosteneva infatti, che le registrazioni video erano state effettuate in violazione dell’art. 4 Statuto Lavoratori e, quindi, il loro utilizzo era illegittimo.

Le domande proposte dal lavoratore, già rigettate nel precedente grado di giudizio, sono state respinte anche dalla Corte di Appello che ha confermato la sentenza del Tribunale.

 

Fondamento della decisione.

L’art. 4 Stat. Lav. stabilisce che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di accordo, previa autorizzazione delle sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, tale autorizzazione sarebbe rilasciata dalla sede centrale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Nella fattispecie sottoposta al vaglio della Corte di Appello di Milano, il lavoratore sosteneva che l’installazione delle telecamere era avvenuta in mancanza sia di previo accordo sindacale che di eventuale autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro (oggi Ispettorato Territoriale del Lavoro). Pertanto, l’utilizzo delle riprese da parte del datore di lavoro a fini disciplinari era illegittimo.

La Corte di Appello di Milano, tuttavia, ha ritenuto non applicabile, alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione, l’art. 4 Stat. Lav., in quanto le telecamere erano state installate dalla società proprietaria del distributore di bevande ed alimenti e, quindi, da un soggetto terzo rispetto al datore di lavoro e le stesse erano collocate in direzione del distributore che si trovava in una saletta attigua ai reparti del magazzino, quindi senza possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

La Corte milanese, quindi, richiamando anche l’orientamento precedente della Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, Sentenza n. 10636 del 2 maggio 2017) ha ribadito che non è soggetta alla disciplina dell’art. 4 Stat. Lav. l’installazione di impianti di controllo posti a tutela del patrimonio aziendale dai quali non derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività lavorativa, né risulti in alcun modo compromessa la dignità e la riservatezza dei lavoratori.

La decisione della Corte di Appello di Milano consolida, quindi, l’interpretazione della giurisprudenza, che esclude l’applicazione delle “garanzie” previste dallo Statuto dei Lavoratori, alle forme di controllo realizzate dal datore di lavoro a tutela dell’immagine e del patrimonio aziendale, dagli effetti dannosi della condotta illecita posta in essere dal lavoratore. Esclusione che, a maggior ragione, deve ritenersi applicabile quando il controllo è attuato da un soggetto terzo rispetto al datore di lavoro.