_Tutele crescenti: stop alla reintegra!

Il Tribunale di Milano conferma l’applicazione della sola tutela indennitaria in caso di nullità del patto di prova.

di Marco Tesoro

 

Con la sentenza n. 2290 del 12.9.2017, il Tribunale di Milano ha applicato la sola tutela indennitaria in favore di un lavoratore – assunto con contratto a c.d. tutele crescenti – licenziato per mancato superamento del periodo di prova stabilito da un patto nullo, in quanto stipulato successivamente alla sua assunzione.

 

Tralasciando in questa sede l’analisi dei presupposti formali e sostanziali del patto di prova, la sentenza in commento si segnala con riferimento alle conseguenze di un siffatto licenziamento, in merito alle quali si rileva un contrasto in seno alla Giurisprudenza di merito.

 

Sebbene nel corso degli anni la Giurisprudenza, di merito e di legittimità, si sia pronunciata sul punto facendo riferimento ai differenti impianti normativi medio tempore applicabili, appare utile una breve analisi delle suddette pronunce per comprendere meglio la sentenza in commento.

 

Prima della riforma dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ad opera della Legge Fornero del 2012, nessun dubbio vi era sull’applicabilità della tutela reale in caso di licenziamento per mancato superamento del periodo di prova, stabilito da un patto dichiarato nullo, previa verifica dei requisiti dimensionali per l’applicazione della suddetta norma.

Con l’avvento della suddetta riforma, la Giurisprudenza di merito si è orientata sull’applicazione della c.d. tutela reintegratoria “attenuataex art. 18, comma 4 dello Statuto, che prevede la reintegrazione del lavoratore ed un risarcimento limitato nel massimo a 12 mensilità.

A tal proposito, si segnalano le sentenze del Tribunale di Milano del 24.5.2013, del Tribunale di Roma del 21.12.2013 e del Tribunale di Milano del 14.5.2014.

Si rileva che la suddetta tutela veniva accordata in base al comma 7 del citato art. 18, che richiama la tutela reintegratoria attenuata in caso di licenziamento, fra gli altri, “per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore” tra i quali rientra il licenziamento per mancato superamento della prova, come specificato dal Tribunale di Milano con la citata sentenza del 2014.

Ad una conclusione analoga è addivenuta anche la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 16214/2016, nel confermare l’applicabilità della tutela reintegratoria attenuata, ha evidenziato la differenza ontologica tra licenziamento per mancato superamento del periodo di prova e licenziamento disciplinare.

 

Questo passaggio risulta fondamentale per comprendere l’interpretazione del Tribunale di Milano fornita con la sentenza in commento, che si è pronunciata nell’ambito di un licenziamento regolato dal D. Lgs. n. 23/2015.

Come noto, il D. Lgs. n. 23/2015, adottato in attuazione dell’ultimo progetto di riforma del diritto del lavoro, c.d. Jobs Act (Legge Delega n. 183/2014), ed applicabile ai soli rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituiti successivamente al 7 marzo 2015, ad esclusione dei dirigenti, prevede la tutela reale in caso di licenziamento nullo, inefficace e, al di fuori di queste, “esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore” (art. 3, comma 2, D. Lgs. 23/2015).

Il Legislatore, dunque, ha previsto un’ulteriore ipotesi di tutela reintegratoria, ma solo in caso di licenziamento per motivi soggettivi.

 

Premesso questo quadro normativo, l’interpretazione fornita dalla Giurisprudenza di merito non è stata uniforme, disponendo in alcuni casi l’applicazione della reintegra ed in altri la tutela indennitaria.

Tra le prime ipotesi, si segnala la sentenza del Tribunale di Torino del 16.9.2016, che ha previsto la reintegra di un lavoratore assunto con contratto a tutele crescenti e licenziato per mancato superamento di un patto di prova nullo, interpretando il provvedimento datoriale quale licenziamento afferente alla sfera soggettiva del lavoratore, e in quanto tale rientrante nella tutela ex art. 3, comma 2, D. Lgs. 23/2015 perché “del tutto sfornito di giustificatezza”.

Ore il Tribunale di Milano, con la sentenza in commento e prima ancora con la sentenza n. 730/2017 – seguendo un diverso orientamento anche rispetto al precedente del Tribunale milanese del 03.11.2016 – ha applicato la sola tutela indennitaria.

 

I Giudici milanesi sembrano orientati verso un’interpretazione letterale e non estensiva dell’art. 3, comma 2 del D. Lgs. 23/2015 che prevede la tutela reintegratoria, in aggiunta alle ipotesi di licenziamento nullo ed inefficace, solo per i licenziamenti soggettivi.

Tale orientamento sembra altresì seguire la strada indicata dalla citata Suprema Corte e dalla Legge Delega n. 183/2014, che tra gli obiettivi annovera la limitazione del “diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato”, tra le quali non sembrerebbe rientrare il licenziamento che qui ci occupa.