_La reciprocità del principio di correttezza e buona fede

La reciprocità del principio di correttezza e buona fede
Di Sharon Reilly e Silvia Fumagalli

 

Due recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione hanno ribadito la rilevanza del principio di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro, facendone applicazione tanto dal lato datoriale che dal lato del lavoratore in relazione alla valutazione di legittimità di due provvedimenti di licenziamento.

E così, nella pronuncia del 16 aprile 2018, n. 9339, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il datore di lavoro avesse violato tale principio, addebitando al lavoratore una condotta intenzionale di assenza ingiustificata a fronte di una richiesta di ferie non autorizzata, “sconfessata” in sede giudiziale proprio dal fatto che il lavoratore avesse chiesto le ferie e fossero noti alla società i suoi gravi problemi familiari.
Insomma, la Cassazione censura, dichiarando illegittimo il licenziamento, il comportamento del datore di lavoro che, consapevole delle difficoltà del lavoratore, violando appunto il principio di correttezza e buona fede ed al di là delle tipizzazioni sanzionatorie del CCNL, decide di risolvere il rapporto di lavoro.

Reciprocamente, però, anche il lavoratore è tenuto al rispetto di tale principio, come ribadito nella pronuncia della Corte di Cassazione del 19 marzo 2018, n. 6789 ove, in un caso opposto al precedente, è stato correttamente ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che aveva tenuto un comportamento contrario a norme di comune etica o del vivere civile che, secondo un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato, abbia fatto venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore.

A fronte di quanto sopra, ai fini della tenuta al vaglio giudiziale di un provvedimento di licenziamento, è importante ponderare quanto oggetto di contestazione, considerando da un lato che l’addebito di una condotta intenzionale dovrà essere dimostrato dal datore di lavoro e dall’altro lato che, ove effettivamente sussistente, potrà essere l’elemento avvalorativo della gravità della condotta del lavoratore e, quindi, della legittimità del provvedimento espulsivo.