_Utilizzatori accorrete, la causali son desuete: la somministrazione a termine

Utilizzatori accorrete, la causali son desuete: la somministrazione a termine.

di Andrea Savoia e Marilena Cartabia

Sono molte, e sicuramente positive, le novità che il c.d. Decreto tipologie contrattuali (D.lgs. 81/2015) ha portato con sé dopo la sua entrata in vigore: tra le tante, anche una maggior chiarezza sui requisiti di validità del contratto di somministrazione a termine.

Tale novità ben si coglie in una recentissima sentenza del Tribunale di Milano, depositata lo scorso 30 novembre 2017, ove il ricorso proposto da una lavoratrice contro la società utilizzatrice è stato rigettato applicando le nuove regole dell’Art. 30 e ss., D.lgs. 81/2015.

Nel caso deciso del Tribunale milanese, la lavoratrice aveva chiesto di accertare la nullità dei contratti di somministrazione sottoscritti nel 2016 e 2017, con condanna dell’utilizzatrice alla sua assunzione a tempo indeterminato.

Due le motivazioni del Giudice per rigettare le domande. Primo: il rispetto dei limiti numerici da parte dell’utilizzatore. Secondo: la natura acausale (anche) del contratto di somministrazione a termine, oggi ammesso per qualsiasi esigenza dell’utilizzatore, per lo svolgimento di qualsiasi mansione e senza necessità di una specifica motivazione.

La portata innovativa emerge ancora di più se si osserva come, solo pochi giorni fa, applicando la normativa previgente, sia la Corte di Cassazione (sentenza 1 dicembre 2017, n. 28882) che il Tribunale di Roma (sentenza del 29 novembre 2017) avevano condannato l’utilizzatore alla riassunzione del lavoratore interinale ritenendo non dimostrata la sussistenza della causale di ricorso alla somministrazione. In poche parole, anche secondo la Cassazione, nel vecchio regime normativo all’utilizzatore non bastava indicare formalmente la ragione obiettiva di ricorso alla somministrazione a termine (Art. 20, D.lgs. 276/2003), ma in caso di contenzioso era a suo carico dimostrare l’effettiva sussistenza della causale e l’esistenza di un nesso tra la predetta causale e l’assunzione del lavoratore interinale.

Ora, a fronte del mutato contesto normativo, il contratto di somministrazione a termine sarà considerato valido ogni volta che: i) siano rispettati i limiti numerici previsti dal contratto collettivo applicato (Art. 31, comma 2, D.lgs. 81/2015); b) il personale non sia assunto in violazione dei divieti di legge (ad es. per sostituire personale in sciopero: Art. 32, D.lgs. 81/2015); c) nel contratto siano indicati gli estremi dell’autorizzazione dell’agenzia di lavoro, il numero dei lavoratori da somministrare, i rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e le misure di prevenzione adottate, la data di inizio e la durata prevista della somministrazione, le mansioni cui sarà adibito il lavoratore, nonché il luogo, l’orario e il trattamento economico-normativo dei lavoratori (Art. 33, D.lgs. 81/2015).

La semplificazione è, pertanto, evidente. Inoltre, se come sembra, la giurisprudenza darà alle disposizioni di legge una lettura “fedele” il dato normativo, si potranno in futuro evitare quelle letture eccessivamente formalistiche che, in un recente passato, avevano disincentivato il ricorso a questa forma di contratto flessibile.