_Decreto Liquidità: il sostegno alle imprese passerà dalla gestione “sindacale” dei livelli occupazionali.

di Olimpio Stucchi e Marilena Cartabia – Uniolex – Stucchi&Partners

L’Art. 1 del Decreto Liquidità (D.L. 23/2020) è ora norma vigente ed efficace.

Martedì 14 aprile la Commissione Europea ha, infatti, approvato le misure messe in campo dal Governo italiano ritenendole compatibili con le norme sugli aiuti di stato previste dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

La principale finalità dell’Art. 1 del Decreto Liquidità sarebbe di assicurare liquidità alle imprese e lo Stato ha perciò previsto di fornire, attraverso Sace S.p.a., garanzie di tipo fideiussorio a prima richiesta per i nuovi finanziamenti che le imprese richiederanno al mondo bancario.

Le garanzie a favore delle banche potranno essere concesse per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni e saranno rilasciate entro la data ultima del 31 dicembre 2020, nel rispetto di alcune condizioni, quali ad esempio l’obbligo per l’impresa beneficiaria di non distribuire dividendi per i successivi dodici mesi e la necessaria destinazione del finanziamento per sostenere costi del personale e spese per le attività produttive localizzate in Italia. (cfr. Art. 1, comma 2, D.L. 23/2020).

Vi è, però, una ulteriore condizione prevista nel Decreto Liquidità, sin qui poco considerata, che è la seguente: “L’impresa che beneficia della garanzia assume l’impegno a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali” (cfr. Art. 1, comma 2, lett. l, D.L. 23/2020).

La norma è tanto sintetica, quanto innovativa, e pone le imprese di fronte a una domanda: cosa significa?

In mancanza di indicazioni, anche di carattere operativo, si possono fornire alcune prime, sintetiche risposte.

  • Le condizioni del Decreto Liquidità valgono, anzitutto, solo per il nuovo credito che le aziende andranno a richiedere e non per le linee già concesse (al più, per il rinnovo di quelle scadute: Art. 1, comma 2, lett. g);
  • In sede di istruttoria, ogni azienda che richiederà le garanzie dovrà allegare (almeno) una dichiarazione coerente con la condizione di impegno alla negoziazione dei livelli occupazionali (non è obbligatorio allegare sin da subito un accordo sindacale);
  • L’impegno così assunto potrà essere fatto valere, ove violato, sia dai sindacati sia dai lavoratori coinvolti;
  • Ogni consequenziale accordo sindacale potrà essere concluso con i sindacati territoriali oppure anche con le RSA/RSU;
  • Dovrà passare per l’accordo sindacale ogni intervento di riduzione dei livelli occupazionali in essere al momento della richiesta del nuovo credito con la garanzia di Sace;
  • Lo strumento non pare, tuttavia, riguardare i rapporti di lavoro a termine o in somministrazione, in quanto estranei alla stabile struttura occupazionale di ogni azienda;
  • Ugualmente non pare riguardare interventi di tipo individuale, come i licenziamenti per gmo, poiché estranei ad ogni logica di negoziato sindacale e già peraltro coperti da apposita normativa previgente.

Nella buona sostanza, la norma impone alle aziende che abbiano necessità di nuovo credito (ed oggi il sistema bancario vi provvede solo se vi è la garanzia dello Stato) di non ricorrere ad interventi unilaterali sugli assetti del personale in essere al momento della richiesta di nuovo credito.

Il che equivale ad imporre ad aziende già in crisi di devolvere una importante aliquota della libertà di impresa ad un tavolo di co-gestione con il sindacato.

Nella pratica, accadrà che le aziende dovranno ricorrere al tavolo sindacale prima di ricorrere al credito e la mancanza di precise indicazioni normative circa i tempi ed i contenuti dei vincoli da assumere comporterà di ritrovarsi a negoziare “sotto schiaffo” in un momento di bisogno e di urgenza.

Nel quale, invece, vi sarebbe la necessità di supporto rapido e di minori vincoli.