_Licenziamento per maggior profitto: why not?!

di Paola Gobbi e Marilena Cartabia

Riorganizzare la propria azienda in modo da massimizzare i profitti anche licenziando il personale? Perché no?

Oggi ad ammetterlo non sono (solo) le imprese più “spregiudicate”, ma anche la Corte di Cassazione che, con una recente sentenza dello scorso 18 luglio 2019 (è la numero 19302/2019), ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato a seguito di riorganizzazione finalizzata ad una crescita dei profitti.

Nel caso deciso dalla Cassazione, un’azienda aveva deciso di impugnare la decisione della Corte d’Appello che, seguendo un “vecchio” orientamento, aveva dichiarato illegittimo il licenziamento, intimato per motivo oggettivo-economico, perché dal bilancio della società relativo all’anno precedente risultavano un utile di esercizio e una riduzione delle passività per cui il recesso era stato intimato in assenza di una congiuntura sfavorevole non contingente.

Diverse le conclusioni che le società possono trarre dall’ultima decisione della Cassazione: per ritenere legittimo il licenziamento per ragioni connesse all’organizzazione aziendale non occorre che l’impresa si trovi nella necessità di far fronte ad una situazione economica sfavorevole o a spese straordinarie. Infatti, ogni modifica della struttura organizzativa dell’impresa che abbia quale effetto la soppressione di una determinata posizione lavorativa può configurare il c.d. “motivo oggettivo”, indipendentemente dall’obiettivo perseguito dall’imprenditore che potrà essere, caso per caso, o il miglioramento dell’efficienza produttiva o l’incremento della produttività e dei profitti o, infine, l’esigenza di superare situazioni economiche sfavorevoli.

Inoltre, nel caso in cui il lavoratore decidesse di impugnare il licenziamento, il controllo sulla legittimità del recesso in sede giudiziaria si potrà concentrare, da un lato, sulla verifica dell’effettività della ragione obiettiva indicata dall’azienda e, dall’altro lato, sulla riferibilità della soppressione del posto di lavoro alla ragione riorganizzativa indicata nella lettera di licenziamento.

Sono, pertanto, due gli effetti pratici discendenti dalla sentenza della Cassazione a cui si dovrà prestare attenzione qualora un’azienda decidesse di procedere ad una riorganizzazione con conseguente soppressione di uno o più posti di lavoro. Primo. Per sostenere la legittimità di tale scelta, non occorrerà più dimostrare l’esistenza di una congiuntura sfavorevole influente in modo decisivo sull’andamento dell’attività. Secondo. Una volta indicata la ragione organizzativa nella lettera di licenziamento questa dovrà, comunque, essere dimostrabile e restare immodificata in giudizio: se il datore deciderà di motivare il recesso indicando una situazione economica sfavorevole, dovrà fornire anche la prova della congiuntura negativa, perché diversamente il licenziamento potrà essere ritenuto fondato su motivo pretestuoso e dichiarato illegittimo.

Pertanto, se alle aziende è data ora la possibilità di intimare il licenziamento per motivo oggettivo non più solo in caso di perdite a bilancio, resta ancora la regola di individuare ed indicare nella comunicazione di recesso una motivazione che trovi riscontro in giudizio, onde evitare che il licenziamento sia dichiarato illegittimo dal Giudice del Lavoro adito dall’ex dipendente.