_Procedimento disciplinare: al lavoratore non serve l’avvocato difensore

Sono due le novità più importanti della recentissima pronunzia n. 9305/2017 della Corte di Cassazione: il lavoratore non ha diritto a rendere le proprie giustificazioni orali in presenza di un avvocato e il datore di lavoro può usare nel giudizio civile le intercettazioni telefoniche raccolte in fase di indagini penali.

Ma procediamo con ordine.

Il caso deciso dalla Corte Suprema con sentenza dell’11 aprile 2017 ha interessato il ricorso proposto da un lavoratore, con ruolo di mediatore tra clienti e manutentori della Società datrice, licenziato per giusta causa dopo essere stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare per concorso in furto di energia elettrica. Nel caso di specie, la condotta criminosa del lavoratore era emersa a seguito di intercettazioni telefoniche.

Contro la decisione della Corte d’Appello di Napoli che aveva ritenuto legittimo il licenziamento, il dipendente ha proposto ricorso in Cassazione, ma i motivi di impugnazione sono stati tutti rigettati perché infondati.

In particolare, quanto allo svolgimento del procedimento disciplinare ex Art. 7, St. lav. (L. 300/1970), la Corte Suprema ha avuto modo di precisare come, in occasione dell’audizione orale, il diritto del lavoratore ad essere assistito da un rappresentante sindacale esaurisca le tutele previste dal legislatore per siffatto procedimento. Ciò significa, allora, che il datore di lavoro ha la semplice facoltà, ma non l’obbligo, di ascoltare il lavoratore in presenza di un avvocato, anche quando, per i medesimi fatti oggetto di contestazione disciplinare, il dipendente sia stato chiamato a rispondere nell’ambito di un procedimento penale.

Secondo i giudici della Cassazione, infatti, procedimento disciplinare e procedimento penale attengono a sfere di interessi giuridici diversi, per cui il diritto all’assistenza tecnica di un difensore è previsto solo nel caso del processo penale, data la rilevanza pubblicistica del medesimo.

Quanto, invece, all’ammissibilità probatoria delle intercettazioni telefoniche, su cui il giudice civile aveva fondato il proprio convincimento in merito alla sussistenza della giusta causa di licenziamento, la Corte Suprema ne riconosce la valenza di elemento probatorio.

Secondo la Cassazione, infatti, il processo civile interessa la verifica della corretta esecuzione del contratto (privato) di lavoro, anche per quanto attiene l’esercizio dei poteri disciplinari del datore di lavoro, per cui al giudice sono attribuiti poteri istruttori d’ufficio che gli consentono di acquisire ogni elemento di prova, anche non previsto dal codice di rito, con il solo limite della congruità logica e giuridica della motivazione del proprio convincimento.

Diverso, invece, il processo penale, dove la struttura accusatoria del procedimento è regolata da una pluralità di cautele, anche istruttorie, finalizzate a tutelare sia il diritto fondamentale della difesa (Art. 24 Cost.) che della libertà personale (Art. 13 Cost.).

In conclusione, la recente sentenza è innovativa sia laddove stabilisce che il diritto del lavoratore di essere assistito da un rappresentante sindacale, in sede di audizione orale, non equivale al diritto di essere sentiti in presenza di un avvocato, sia dove riconosce la valenza probatoria, nel processo civile, delle intercettazioni telefoniche, anche se non ancora riscontrate in un dibattimento penale.

di Olimpio Stucchi | Uniolex – Stucchi&Partners