_Referendum: licenziamenti e appalti di servizi, quali prospettive?

Lo scorso 11 gennaio, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum denominata “Abrogazione delle disposizioni in materia di licenziamenti illegittimi”, mentre ha ritenuto ammissibili quelle relative all’ “Abrogazione disposizioni limitative della responsabilità solidale in materia di appalti” e “Abrogazione disposizioni sul lavoro accessorio (voucher)”.
Cosa comporta questa decisione?

I licenziamenti.

Il quesito referendario, pur con una formulazione complessa, aveva due obiettivi: l’abolizione integrale del D.lgs. 23/2015 (c.d. decreto tutele crescenti) e la modifica dell’(arcinoto) Art. 18, St.lav.
Quanto al primo obiettivo, l’abrogazione integrale del D.lgs. 23/2015 avrebbe determinato il venir meno del nuovo regime sanzionatorio applicabile ai licenziamenti illegittimi di operai, quadri e impiegati assunti successivamente al 7 marzo 2015.
Più complessa, invece, la modifica dell’Art. 18 St. lav. che, in estrema sintesi, avrebbe comportato, da un lato, la semplificazione dei regimi sanzionatori ivi previsti e, dall’altro, l’estensione del campo applicativo della norma.
In particolare, in caso di esito positivo del referendum, agli attuali quattro regimi sanzionatori contemplati dall’Art. 18 St. lav. (vale a dire, tutela reintegratoria piena, tutela reintegratoria c.d. attenuata, tutela indennitaria piena e dimezzata), sarebbero stati sostituiti da due soli regimi, entrambi comportanti la reintegra del dipendente licenziato. Rispetto al campo di applicazione della norma, invece, la stessa sarebbe divenuta applicabile a tutti i datori di lavoro, imprenditori o non imprenditori, con almeno cinque dipendenti e, non più, solo alle imprese con almeno quindici dipendenti.
Dato che la decisone della Consulta ha bocciato l’iniziativa referendaria, continueranno ora ad applicarsi ai licenziamenti ritenuti invalidi le disposizione del D.gs. 23/2015, se il dipendente è stato assunto dopo il 7 marzo 2015, oppure, in caso di assunzione precedente, quelle dell’Art. 18 St.lav., nella “versione” introdotta dalla c.d. Riforma Fornero (L. 92/2012).

Responsabilità solidale negli appalti.

Si terrà, invece, probabilmente già in primavera, il referendum per l’abrogazione (parziale) dell’Art. 29, D.lgs. 276/2003 in materia di solidarietà negli appalti.
Come noto, tale disposizione prevede, in caso di appalto d’opere o servizi, una responsabilità solidale tra committente e appaltatore (o sub-appaltatore) per il pagamento delle retribuzioni, delle quote di TFR, dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti ai lavoratori in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto, se richiesti entro due anni dalla cessazione dell’appalto.
La proposta di referendum mira a modificare la norma in due punti.
Primo: eliminare la facoltà oggi riconosciuta ai contratti collettivi di categoria stipulati da associazioni comparativamente più rappresentative di individuare metodi e procedure di verifica della regolarità dell’appalto, alternativi alla responsabilità solidale tra committente e appaltatore.
Secondo: eliminare la previsione che consente all’impresa committente, chiamata in causa dal lavoratore-debitore, di eccepire, nella sua prima difesa, il beneficio della preventiva escussione sul patrimonio dell’appaltatore (e del sub-appaltatore). Preventiva escussione da cui discende che, in caso di accoglimento della domanda del lavoratore, la successiva azione esecutiva possa essere intentata nei confronti del committente solo in caso di infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore (o dei sub-appaltatori).
L’esito positivo del referendum, allora, comporterebbe l’aggravarsi della posizione del committente, dato il rafforzamento dell’obbligazione solidale a suo carico.