_Agenzia: novità per le preponenti sulla giusta causa di recesso

Agenzia: novità per le preponenti sulla giusta causa di recesso.
di Andrea Savoia e Marilena Cartabia


Due recenti sentenze offrono l’occasione per fare alcune riflessioni sulla cessazione per giusta causa del contratto d’agenzia.

La prima sentenza è del Tribunale di Treviso che, lo scorso 12 marzo 2018, ha rigettato tutte le domande proposte da un agente: quest’ultimo, negando la giusta causa di recesso invocata dalla preponente, chiedeva il pagamento in suo favore sia dell’indennità sostitutiva del preavviso che delle indennità di fine rapporto previste dall’AEC Commercio 2010 e dall’Art. 1751 c.c.

Secondo il Giudice, però, il recesso della preponente era sorretto da giusta causa per il perdurante inadempimento dell’agente agli obblighi di informativa e rendicontazione, con conseguente “abbandono” del portafoglio.

Una volta accertata la giusta causa di recesso della preponente, la sentenza ha stabilito, da un lato, la non spettanza dell’indennità sostitutiva il preavviso chiesta dall’agente e, dall’altro, la non debenza dell’indennità suppletiva di clientela e dell’indennità meritocratica, dato che l’AEC Commercio esclude siano erogate tali voci in caso di risoluzione del contratto per fatto imputabile all’agente.

Da segnalare, peraltro, la puntualizzazione con cui il Tribunale di Treviso ha confermato la natura alternativa e non cumulativa dell’indennità prevista dall’Art. 1751 c.c. con quelle disciplinate dall’AEC: trattasi di inciso che consente di contrastare l’(errata) prassi degli ex agenti di domandare congiuntamente tali importi al solo scopo di moltiplicare (a volte a dismisura!) le somme chieste alla preponente una volta cessato il contratto d’agenzia.

La seconda sentenza, invece, è stata pronunziata dalla Corte d’Appello di Torino, lo scorso 22 dicembre 2017, e ha deciso un caso “opposto” al precedente: in questa seconda vicenda, infatti, era stato l’agente ad invocare la giusta causa di recesso.

La Corte torinese, però, applicando la nozione di giusta causa prevista dall’Art. 2119 c.c., ha escluso che la modifica della tipologia di prodotti collocabili dall’agente e delle previsioni contrattuali applicabili ai clienti procacciati potesse configurare grave inadempimento lesivo il rapporto fiduciario con l’agente. E ciò, non solo perché molte delle modifiche erano state accettate dall’agente ma, soprattutto perché le stesse riguardavano scelte riconducibili alle politiche creditizie applicate dalla preponente ed erano stato adottate a fronte dei mutamenti macroeconomici sopravvenuti dopo la sottoscrizione del contratto di agenzia.

In poche parole, le modifiche approntate della società preponente erano pienamente legittime perché solo quest’ultima poteva decidere sia la tipologia di prodotti da proporre sul mercato che la tipologia di clienti cui rivolgersi, senza che all’agente fosse consentito di mettere in discussione tali scelte.

Inoltre, precisa la Corte, neppure poteva considerarsi grave inadempimento ai doveri di correttezza e buona fede imputabile alla preponente aver consentito alle proprie filiali di applicare ai clienti condizioni più favorevoli rispetto a quelle applicabili dagli agenti. Infatti, nelle filiali commerciali il controllo sulla clientela era fatto direttamente dalla società, senza l’intermediazione dell’agente, con conseguente riduzione del prezzo finale applicabile al cliente.

In conclusione, entrambe le sentenze rappresentano importanti precedenti per individuare le condotte degli agenti o delle società preponenti che, in quanto gravemente lesive il rapporto fiduciario sotteso al contratto di agenzia, ne consentono la risoluzione con effetto immeditato. Grave inadempimento che deve essere valutato anche tenendo conto delle peculiarità del mercato in cui le parti del contratto di agenzia operano, come dimostrano le due sentenze sopra commentate.