_Riders: quando la Gig Economy entra in un’Aula giudiziaria.

di Olimpio Stucchi e Marilena Cartabia

L’attesa è finita! I riders di Foodora non sono lavoratori subordinati, ma autonomi etero-organizzati. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Torino e, dal 4 febbraio 2019, con il deposito delle motivazioni, si conoscono le ragioni di tale decisione.

La vicenda è nota: un gruppo di riders, dopo aver svolto attività di ciclo-fattorini per Foodora con contratto “co.co.co.” cessato alla scadenza del termine, aveva chiesto di accertare la natura subordinata a tempo indeterminato del rapporto, con le conseguenze economiche e risarcitorie del caso. A maggio 2018, il Tribunale di Torino rigettava le domande dei lavoratori che decidevano di proporre appello.

Anche per i Giudici dell’appello, i riders non sono lavoratori subordinati perché liberi di decidere se e quando lavorare, senza dover giustificare le assenze o cercare un sostituto. Potevano (addirittura) astenersi dal servizio nei turni per cui avevano dato la loro disponibilità, senza incorrere in alcuna conseguenza disciplinare. L’assenza di potere disciplinare e direttivo, allora, esclude la sussistenza di un vincolo di subordinazione.

Fin qui tutto chiaro. Ma allora “cosa sono” i riders?

Per la Corte torinese si tratta di collaboratori autonomi etero-organizzati ai sensi dell’Art. 2 del D.lgs. 81/2015, vale a dire una terza categoria di lavoratori, a “metà strada” tra il lavoratore subordinato e il co.co.co. Per la Corte d’Appello, infatti, la facoltà del committente di stabilire, in via unilaterale, i tempi e i luoghi di lavoro del collaboratore costituisce espressione del potere di etero-organizzare la prestazione del lavoratore che si trova così inserito “funzionalmente” nell’organizzazione produttiva del committente.

In una battuta. Chi è soggetto al potere gerarchico-disciplinare-direttivo è lavoratore subordinato, chi concorda come coordinare la sua prestazione (poi svolta in autonomia) con quella del committente è un collaboratore ai sensi dell’Art. 409, n. 3 c.p.c. (post “Jobs Act autonomi”) e, infine, chi è soggetto al potere di etero-organizzazione è un lavoratore di “terzo genere”: il “collaboratore autonomo etero-organizzato”.

Tuttavia, per configurare questo “terzo genere” di rapporto previsto dall’Art. 2, D.lgs. 81/2015, occorre che la prestazione sia anche personale e continuativa, requisito quest’ultimo che la Corte d’Appello di Torino declina come “non occasionalità” e “reiterazione” nel tempo di un’attività pur intervallata.

Una volta accertato che la collaborazione dei riders è riconducibile alla previsione dell’Art. 2, D.lgs. 81/2015, i Giudici chiariscono che ad essi si estendono le tutele previste per il lavoro subordinato, in particolare quelle relative alla sicurezza e igiene sul lavoro, retribuzione diretta e differita, limiti di orari, ferie e previdenza, non invece quelle previste per i licenziamenti.

La sentenza, come è facile intuire, è destinata a far molto discutere, anche perché per la prima volta la realtà dei lavoratori delle piattaforme e della c.d. Gig Economy è entrata in un’aula giudiziaria. Occorrerà ora vedere se altri Tribunali decideranno di conformarsi alle conclusioni della Corte torinese o se, invece, interpretando in modo differente i requisiti della continuatività e del potere di etero-organizzazione, decideranno di qualificare diversamente i riders o altri lavoratori delle piattaforme. O, ancora, se decideranno di non limitare il catalogo delle tutele applicabili a quelle indicate dalla Corte di Torino, ma ampliarlo, ad esempio estendendo la disciplina sanzionatoria prevista per i licenziamenti.

Infine, non si può escludere che la sentenza possa avere anche altri effetti collaterali, primo tra tutti quello di accendere un dibattito (e un contenzioso) sui “finti” lavoratori autonomi, vale a dire su quelle collaborazioni che, dietro la veste formale del lavoro autonomo o a partita IVA, celano rapporti che, tanto per la dipendenza economica del collaboratore, che per l’asimmetria contrattuale e la soggezione a vincoli di orari e luogo di svolgimento della prestazione, potrebbero ritenersi subordinati. Oppure, chiosando la Corte d’Appello di Torino, collaborazioni autonome etero-organizzate.

 

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