_Contratto d’agenzia: buone nuove per i preponenti.

di Paola Gobbi e Marilena Cartabia

Per le aziende sono giorni di grande attesa, viste le novità annunciate dal legislatore: dalla modifica della norma sulle collaborazioni etero-organizzate (portato alla ribalta dal caso dei riders torinesi) al disegno di legge sul salario orario minimo.

Alcune interessanti novità, però, arrivano anche dai Palazzi di Giustizia, dove in queste settimane sono state depositate le motivazioni di alcune sentenze in cui si è tornato parlare di contratto di agenzia e, in particolare, di giusta causa di recesso e di modifica delle previsioni in punto di trattamenti economici aggiuntivi a favore degli agenti.

Tra i casi più recenti, merita attenzione la sentenza della Corte di Cassazione (sentenza 20 febbraio 2019, n. 4945) in cui si è affermato che non può costituire giusta causa di recesso per l’agente la decisione della società preponente di revocargli l’incarico accessorio di coordinatore/supervisore di altri agenti.

La vicenda decisa dalla Corte interessava un agente-consulente finanziario che, dopo aver comunicato il proprio recesso con preavviso, riceveva dalla preponete comunicazione della revoca dell’incarico manageriale di c.d. District Manager, ragion per cui il consulente comunicava il proprio recesso immediato, invocando la giusta causa.

Per la Cassazione, però, l’incarico manageriale aveva natura solo accessoria e, per quanto convenuto nel contratto d’agenzia, era revocabile in qualsiasi momento, senza che fosse necessario il rispetto di alcuna formalità.

La natura accessoria dell’incarico, quindi, escludeva la possibilità per l’agente di invocare la giusta causa di recesso in caso di revoca e, quale ulteriore conseguenza, precludeva al consulente di ottenere il pagamento sia dell’indennità sostitutiva il preavviso, sia dell’indennità di cessazione del rapporto che, per espressa previsione dell’Art. 1751 c.c., non può essere riconosciuta quando l’agente recede dal contratto, salvo il caso in cui tale facoltà sia esercitata per circostanze attribuibili al preponente.

Peraltro, lo stesso principio in punto di presunta giusta causa era stato applicato solo qualche giorno prima anche dal altro giudice di merito, in una vicenda analoga (Tribunale di Busto Arsizio, 8 febbraio 2019).

Pochi giorni dopo, la Cassazione (sentenza 26 febbraio 2019, n. 5623), in un’altra vicenda che vendeva contrapposti società e agente, ha ritenuto che la comunicazione con cui la preponente modifica le condizioni per l’erogazione di trattamenti economici aggiuntivi in favore all’agente non costituisce clausola vessatoria onerosa da sottoscrivere in modo specifico (ai sensi degli Artt. 1342 e 1341 c.c.), bensì esercizio di una prerogativa prevista dal contratto e liberamente accettata dall’agente.

In particolare, la Corte di Cassazione ha riformato quanto deciso dai giudici d’Appello che avevano, invece, ritenuto il mutato assetto contrattuale più gravoso per l’agente, per cui lo squilibrio che ne derivava necessitava di specifica approvazione e sottoscrizione. Decisione errata, dice la Cassazione, per almeno due ragioni: primo, perché la regole in materia di c.d. clausole vessatorie richiedono che il regolamento contrattuale, predisposto in via unilaterale da un solo contraente, sia finalizzato a disciplinare una serie indefinita di rapporti; secondo, perché la modifica apportata alle condizioni per il riconoscimento di benefici aggiuntivi era stata esercitata nell’esercizio dell’autonomia privata, in ragione della mutata composizione negoziale degli interessi delle parti e accettata dall’agente.

In conclusione, le sentenze appena citate rappresentano valide argomentazioni che consentiranno alle società preponenti di respingere le pretestuose richieste di pagamento avanzate dagli agenti di ingenti indennità ex Art. 1750 c.c. e 1751 c.c.